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Dicono di Lui

Una sezione dedicata ai contributi di altri, che raccoglie testimonianze d’autore, ricordi, letture private, pensieri, sguardi sullo scrittore. Uno spazio dove raccontare non soltanto le sue opere e le sue riflessioni politiche/artistiche/letterarie, ma anche le vicende e i luoghi della sua vita, attraverso le parole e le immagini di studiosi, lettori, amici, esperti, e di chi ha semplicemente letto e amato i suoi romanzi, i racconti, gli articoli.

 

10 Dicembre 2014

Da “I turbamenti di Agostino” di Mario Andreose
pubblicato su Il Sole 24 Ore – Domenica (pag.18) – 03/08/2014

[…] Agostino, che ha 70 anni e non li dimostra, era uscito nel giugno del 1944, non appena le truppe inglesi del generale Clark avevano liberato Roma dall’occupazione nazi-fascista. Moravia l’aveva scritto nel ’42 a Capri nel mese di agosto (da cui il titolo), ma la censura, ancora una volta, l’aveva bloccato. Moravia non era un antifascista militante, ma era mezzo ebreo, di cultura cosmopolita avendo viaggiato all’estero e non era iscritto al Fascio, e tanto bastava. Quando il libro esce, in tiratura limitata di 500 copie, con due disegni di Guttuso, presso l’editore Federico Valli, Moravia è ancora sfollato a Sud con Elsa Morante sposata da pochi mesi. Nel colophon l’editore segnala che l’edizione è su licenza di Valentino Bompiani e che il libro è stato stampato su carta di cellulosa, che in quel tempo ha un valore corrispettivo al caffè vero e al cioccolato di cacao rispetto ai surrogati imposti dall’autarchia. Bompiani, che sta al di là della linea gotica, dovrà aspettare giusto un anno prima di pubblicarlo nella sua “Letteraria” e raccogliere i tributi che riconoscono finalmente a Moravia un livello letterario degno, se non superiore, degli Indifferenti. […] Fin dalle prime pagine Agostino, in vacanza versiliese, è incantato, e noi con lui, della sua bellissima mamma rimasta vedova, al punto di lanciarsi dietro di lei che si tuffa dal patino “con il desiderio di seguirla ovunque, anche in fondo al mare”. Sul patino il vogatore volge le spalle al ponticello che unisce le due barchette e una volta Agostino sa che la mamma si è tolta il costume e non deve voltarsi; un’altra volta la sa accanto al “giovane bruno e adusto” da lei invitato e coglie movimenti come di schermaglie e sussurri indistinti. I turbamenti dell’ancora innocente Agostino volgono allora in rabbia, morbosa curiosità, gelosia per una mamma che ad un certo punto “è solo una donna”. L’impatto con una banda di ragazzacci, più o meno coetanei, è per Agostino la scoperta dell’”altro”, un rito di passaggio che ha un prezzo spesso umiliante e vessatorio: figurarsi un tredicenne fine, ingenuo, ricco, con una madre tanto bella quanto chiacchierata, e una congrega di scafati, plebei, maliziosi, ladruncoli capitanati da Saro, un inquietante pedofilo con dodici dita. Lui non si sottrae per il “fatale masochismo del borghese” (Sanguineti), ma anche perché intravede oscuramente una possibilità di crescita, di diventare “un uomo” agli occhi della madre. Intanto tutti i dubbi che poteva avere sui reali rapporti tra la madre e l’intruso, ormai abituale accompagnatore, gli erano stati fugati da una brutale rappresentazione mimica dei suoi nuovi compagni. Ed ecco per lui la contiguità notturna con la madre trasformarsi in ossessione tra voyerismo ed eccitazione, in pagine tra le più sensuali che lo stordimento edipico abbia saputo ispirare. Moravia stesso, nel suo libro intervista con Alain Elkann, ci dice che quella di Agostino “è la storia di un incontro con la cultura moderna, che presuppone l’opera di due grandi smascheratori, Marx e Freud”. […]

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28 Novembre 2014

Moravia, una lezione di metodo di Marino Sinibaldi

Il mio ricordo di Moravia è molto indiretto e molto parziale. Non l'ho mai incontrato ma, penso, letto da sempre. E di tutte le cose - racconti e romanzi, articoli e interviste - quello che più mi rimane impresso è la tenacia e la lucidità con cui ogni settimana parlava di un film sull'Espresso. Non ricordo quasi nulla di quegli interventi se non quel senso di paziente attenzione e dedizione alla scrittura. Da qualche parte ho letto che Moravia diceva di andare ogni giorno al cinema per schivare la noia. E sicuramente quelle recensioni non sono tra le sue cose più memorabili. Ma se penso a Moravia, penso anzitutto a questa lezione di metodo, per chi scrive e anche per chi non scrive. Dedicare attenzione alle cose, tutte. Cercare la chiarezza, sempre. E praticare la scrittura (ma, traduco io, ogni mestiere, specie se ha l'ambizione di esprimere una qualche creatività) anzitutto con onesta dedizione. Non mi pare poco, e dunque non mi sembrano poco rilevanti quelle lontane recensioni.

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